Italia del Vino, cosa riserva il 2023? Pareri diversi, ma siamo già in ritardo. Precetto di fine anno? Chiedere al governo Meloni una urgente azione strategica concreta oltre alle recenti dichiarazioni condivisibili. Rete Italia intervista Giampietro Comolli

Italia del Vino, cosa riserva il 2023? Pareri diversi, ma siamo già in ritardo. Precetto di fine anno? Chiedere al governo Meloni una urgente azione strategica concreta oltre alle recenti dichiarazioni condivisibili. Rete Italia intervista Giampietro Comolli

Fabriano, 2 gennaio 2023

Autore: Sergio Sambi

Abbiamo ascoltato e partecipato in prima persona alla conferenza stampa di fine anno della Premier Meloni, scusate(!), del Primo Ministro italiano, in quanto dobbiamo privilegiare – soprattutto noi giornalisti anche – la nostra meravigliosa lingua senza usare anglicismi anche se oramai comuni a tutti, perché espressione che non completa e non sottolinea la ricchezza e le sfumature della lingua di Dante. Mica uno qualunque”.

Questo il commento d’aperura del dott. Giampietro Comolli, agronomo, economista, giornalista, creatore di distretti produttivi turistici ed insegnante in master universitari della storia economica e culturale della viticoltura e della enologia del Mediterraneo, Presidente del settore Eccellenze Territoriali Distretti Produttivi Turistici di Rete Italia APS.

Ebbene: in 3 ore e il record di 43 domande (anche di più se ricontrolliamo le mezze domande di molti colleghi giornalisti) non ho sentito una volta proferire la parola agricoltura, alimentazione, cibo, vino… in primis come valore di salute umana, salubrità e sanità… eppoi anche di economia imprenditoriale e valore-asset paese Al lordo di tutte le sfaccettature indirette un mega-comparto nazionale che vale 240 miliardi di euro. Forse un asset-strategico di lungo periodo?” si chiede ComolliSpero che sia stata colpa dei giornalisti a non chiedere nulla, piuttosto che una non presa d’atto e dimenticanza del numero ancora di imprese e di lavoratori nazionali (e non solo) coinvolti nella lunga e ampia filiera, ben oltre le lobbies sindacali, scusate(!), le organizzazioni sindacali agricole”.

Comolli prosegue la sua analisi “Ho avuto diversi maestri nella mia vita, che ringrazio, da Marcora a Desana, da Fregoni a Veronelli, da Marchesi cuoco e scalco (scusate, non chef!) a Giorgio Calabrese che giustamente, da ottimo studioso internazionale apprezzato nutrizionista e dietista, risolleva e cerca di mettere ordine nel campo assai minato ma importante, della salute e del consumo di alcolici. Sono d’accordo e credo da sempre che gli avvisi salutari (nella lingua di Albione, healt warning) scritti, generici, qualunquisti, deprimenti non servano a nulla, men che meno sul cibo e sul vino in quanto “prodotti” che per storia millenaria sono più in sintonia con le terapie coadiuvanti alimentari piuttosto che con malattie irreversibili. Ricerche hanno sempre dimostrato che certe scritte sulle sigarette non sono mai state determinanti nel rifiuto al fumo. Ha fatto di più l’esempio, i fatti, il passa parola, il consiglio di amici. Come dice Calabrese: “altrimenti andrebbero messe su tutto”. Aggiungo: anche sui monopattini e le automobili per esempio. Per cibo e vini è sempre una questione di volumi relativi e di abuso nel tempo. Giustamente bisogna vietare il consumo totale di alcol in età della crescita, poiché non abbiamo gli enzimi digestivi. Fino a 18 anni, eccessivo ma può andare. Dopo un calice di vino a pasto, non superalcolici, può aiutare a stare meglio. Per il cibo, dice Calabrese, bisogna decidere se ha più peso l’interesse economico o la salute umana. Sul tema “alimentazione sana in corpore sano” anche Carlin Petrini è sempre stato, già quando lo sentivo palare in quel di Bra sotto la pergola o toppia nel 1986 come ArciGola, un difensore del rapporto qualità del mangiare e del cibo come coadiuvante salutare, ma soprattutto come formazione di una cultura, come conoscenza diretta e materiale di cosa si deve o non si deve mangiare. La cultura continua, vera, indipendente …fa molto di più di una scritta sull’etichetta. Lo stesso Commissario italiano UE Paolo Gentiloni in dialogo recente con Petrini ha evidenziato come continuare la battaglia informativa, soprattutto post pandemia, avviata da Slow Food verso i giovani consumatori e universitari sia “il mezzo che dà più garanzie nel tempo, compreso la conoscenza anche ottimistica, spensierata. Parlare e imparare a conoscere cibo e vino deve essere anche un piacere: non perdiamo tutte le storie del “pane fatto in casa” durante gli ultimi due anni. Gentiloni, vista la carica in UE, ha anche evidenziato l’importanza economica per l’Italia di produrre, tracciare, certificare una origine e modello di cibo e di vino per il bilancio del paese, ma deve essere un bilancio multilaterale e integrato, soprattutto di fronte ad un cambio climatico che impone nuove linee per una vita migliore di tutti. “Salvare il pianeta, vuol die produrre consumare vivere meglio e con ritmi e scelte diverse”, dice il commissario. Carlo Petrini è ancora più diretto sul tema salute, cibo, clima, vita… 4 gambe di un tavolo che non deve essere costruito solo con parametri economici, come il Pil, lo Spread, la Plv… “un sistema alimentare globale, con le crisi in atto climatiche economiche salutari, ha dimostrato grosse pecche e responsabilità. Sul pianeta si produce cibo per sfamare 12 miliardi di persone (non siamo ancora in 9 miliardi), quindi quasi 1/3 della produzione è buttato e il 10% della popolazione mondiale (in aumento forte nell’ultimo anno) soffre la fame. Ma solo: quanta acqua e quanto suolo è stato sprecato?” Secondo me c’è bisogno di una politica strategica almeno continentale, quindi per noi la UE e l’Italia con tutti i paesi mediterranei può essere fattore decisionale determinante. Non credo che aumentare la produzione di qualunque alimento per metro quadrato, sia la strada giusta perché comporta costi, consumi, danni aggiunti ad un sistema naturale fragile che si ribellerà da solo sempre più. Certi incendi e certe frane, inondazioni…possono creare ancora più danni. Singolarmente e ogni Governo deve fare la sua parte.

Come sarà il 2023?

Il mondo del vino italiano, Federvini e Unionevini in primis, dichiarano una chiusura 2022 con bilanci anche molto positivi. Il comparto dà una mano significativa all’aumento del Pil, ma per il 2023, dicono… non c’è certezza…” afferma Comolli, che aggiunge:” Costi a monte in forte crescita, difficoltà a incrementare i prezzi al consumo perché il mercato può non assorbirli. Aumenti dal 10 al 20% di tutti i fornitori delle cantin, anche con punte del 50% rispetto a due anni fa. <<Recessione consumi, inflazione, costi delle materie prime, listini non ritoccati non aiutano”>> così dice Lamberto Frescobaldi presidente di Federvini. Secondo me, la situazione attuale nazionale ma anche europea, non può essere vista solo con parametri economici e di produzione. Fa piacere, soprattutto al sottoscritto che da 50 anni lavoro per gli spumanti, vedere che la produzione di bottiglie di bollicine tricolori si avvicina sempre più al miliardo di pezzi (non ancora, gli slogan li lasciamo ad altri) e aumentano i valori economici alla produzione, alla distribuzione, al consumo…ma la strategia enoica 2023 deve essere vista anche con altri parametri e con nuove forme fra domanda e offerta, rapporto con consumatori, sviluppo strategie diversificate e dirette, fra bilanci e cultura alimentare e salutare. Per tornare al tema iniziale di Calabrese”.

Quali consigli Lei darebbe?

A parte la totale assenza di domande agricole in conferenza stampa alla Meloni da parte dei colleghi giornalisti, se non ho capito male, nelle ultime dichiarazioni del Primo Ministro e dei ministri Lollobrigida e Urso, la produttività agroalimentare deve vincere rispetto all’incremento della produzione e non deve dipendere dalla grandezza della impresa, intendendo una agricoltura più diretta all’uso esteso e non intenso del suolo e degli allevamenti, sostenendo pubblicamente le produzioni che rispettano al 100% l’origine e l’occupazione e le imprese locali piccole, maggiore intensità della sostenibilità e sussidiarietà che insieme alla biodiversità sono capisaldi esistenti da tempo in Italia, più autosufficienza alimentare nazionale che non vuol dire chiusura totale. Un “verde” non limitato a una minima percentuale di suolo a riposo o dettato dalle sovraintendenze paesaggistiche, ma una idea aperta di coltivazione del terreno agrario come supporto a un piano-programma di riqualificazione idrogeologica e di blocco degli abusi. Più controllo dei prezzi a monte e a valle in stretto rapporto a costi dei fattori e a disponibilità dei consumatori, una Pac che punti al sostegno delle aree deboli e non già forti e alla protezione delle filiere tracciabili a tutti i livelli, più valorizzazione della dieta mediterranea e meno semafori sulle etichette, eliminazione delle denominazioni inutili o di facciata o di comodo, blocco del cibo spazzatura che spesso è anche nocivo della salute, più tutela e più responsabilità della nostra diplomazia per il made in Italy all’estero”.

Dichiarazioni?

Sono in attesa del piano politico strategico dell’agroalimentare, un asset Paese” conclude Giampietro Comolli

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